Ulisse Prota-Giurleo nacque a Napoli il 13 marzo 1886 , morì a Perugia il 9 febbraio 1966 detto anche amichevolmente "il professore".
Apparteneva a quella ridotta schiera di studiosi che continuano la loro attività nonostante si trovino ad affrontare situazioni così avverse da scoraggiare i più.
Nel suo caso non riuscirono a farlo desistere neppure la salute cagionevole né i gravi problemi economici, fattori che inducono, in genere, a dedicarsi ad attività più remunerative.
Tuttavia l'interesse per la cultura e per la ricostruzione storica della vita della propria comunità è talvolta così pressante da far dimenticare i problemi contingenti e dedicare l'intera vita alla ricerca e alla trasmissione delle proprie conoscenze.
Non era laureato e svolgeva in casa l'attività d'insegnamento, impartendo lezioni di doposcuola ai ragazzi bisognosi del suo quartiere. Solo da queste trasse di che vivere, fino alla fine della sua esistenza.
Eppure la stessa Napoli che gli attribuiva epiteti "edoardiani" era per Ulisse Prota-Giurleo – doppio cognome autoimposto da un avo per distinguere la famiglia da altri Prota della città – ragione di radicato interesse epistemologico. Lo studioso riuscì infatti a ricostruire, mediante una sistematica e capillare ricerca documentaria in tutti gli archivi pubblici, privati e religiosi, l'attività dei teatri partenopei nel ‘600. La sua opera, ora pubblicata integralmente, ebbe un'edizione parziale nel 1962 per i tipi di Fausto Fiorentino, ma già allora i più attenti studiosi della vita artistica napoletana si resero conto del grande tesoro che vi era riposto: gran parte dei documenti che Prota-Giurleo trascrive integralmente, infatti, non esiste più, perché distrutta da un incendio nel corso del secondo conflitto mondiale.
Certamente nella prima metà degli anni Trenta, quando la ricerca fu completata, Prota-Giurleo non pensava che il suo lavoro di trascrizione sarebbe assurto a fonte documentaria primaria. Gli premeva, probabilmente, porre sotto gli occhi del lettore le quietanze di pagamento, gli atti notarili e di battesimo a volte noiosi da leggere ma dalle pieghe dei quali emerge l'intensa attività culturale della Napoli secentesca. Prota-Giurleo descrive (nel secondo tomo dell'attuale, curatissima edizione) le "stanze", i teatri e teatrini che operavano in città, spesso in feroce concorrenza.
Il volume La commedia ha una struttura bipartita: la prima parte è affidata alla ricostruzione della vita di palcoscenico, la seconda alle varie maschere nate dalla fantasia artistica – e popolare – locale.
Prota-Giurleo riesce ad intrattenere piacevolmente il lettore con una prosa evocativa che non devia dal rigore scientifico, mettendo in evidenza i nessi tra le attività umane ed artistiche dei protagonisti con qualche interessante rivelazione come, ad esempio, l‘atto notarile (datato 9 marzo 1618) in cui compare per la prima volta il nome di "Policinella", cui sono dedicate ben venti pagine delle schede conclusive.
Prota-Giurleo riesce ad intrattenere piacevolmente il lettore con una prosa evocativa che non devia dal rigore scientifico, mettendo in evidenza i nessi tra le attività umane ed artistiche dei protagonisti con qualche interessante rivelazione come, ad esempio, l‘atto notarile (datato 9 marzo 1618) in cui compare per la prima volta il nome di "Policinella", cui sono dedicate ben venti pagine delle schede conclusive.
Nel 1609 abitava in Napoli in via Cavallerizza (una stradina di via chiaia) un falegname perugino, di nome Mariotto Polecenella, deriso da tutti sia per le proporzioni del suo naso, sia per il licenzioso comportamento della moglie che lui accettava con rassegnazione.
Pare che, in coincidenza con le scappatelle della consorte, intensificasse l’attività lavorativa e maneggiasse il martello con tale vigore e conseguente fracasso da disturbare le recite di attori che si esibivano in un vicino teatro.
L’impresario della compagnia, Lutio Fedele, stufo delle lamentele degli attori e del pubblico, chiese a Silvio Fiorillo, famoso comico della commedia dell’arte, nato a Napoli nella metà del XVI secolo e che impersonava con gran successo la maschera di Capitan Matamoros (caricatura del militare spagnolo), di cambiare per una volta il suo ruolo.
La gente del rione, saputo della nuova interpretazione di Fiorillo, conoscendo bene mastro Mariotto e soprattutto la disinvolta vita della moglie accorse in massa ad assistere allo spettacolo. Il debutto fu strepitoso e gli incassi risultarono senza precedenti, ma il povero Mariotto Polecenella per la vergogna lasciò la casa di via Cavallerizza e partì con la moglie per destinazione ignota.
La conclusione di questa vicenda fu che l’impresario si era liberato dei fastidiosi rumori provenienti dalla falegnameria e che Fiorillo cominciò, da allora, a portare in giro, con gran favore del pubblico, la maschera di Pulcinella fino al giorno della morte, avvenuta nel 1632.
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