Raffaele Viviani

RAFFAELE VIVIANI



Aveva quattro anni quando debuttò in un teatrino d'infimo ordine: il Masaniello a Porta Capuana (una baracca costruita dal padre, vestiarista teatrale), dove sostituì il cantante Carlo Ciofi, ammalatosi.

Raffaele Viviani (Castellammare di Stabia, 10 gennaio 1888 – Napoli, 22 marzo 1950))  divenne in breve uno dei più grandi attori e autori del novecento, un commediografo innovatore che rappresentava  una società profondamente sofferente in un dialetto fortemente contrastato dal regime fascista. 
Numerosi i tagli della censura ai suoi scritti ma, il censore, qualche volta, restituiva un copione scabroso con una nota al margine: «Si autorizza la rappresentazione solo se recitato dall'attore Viviani».



Era un attore complesso e dotato, con quell'eccezionale maschera capace di assumere mille sembianze e mille espressioni, sovente senza neppure l'ausilio del trucco, con quella sua figura sottile e scattante, capace di impersonare un giovanotto oppure un vecchio cadente. Capace di interpretare con tanta efficacia sentimenti semplici e complesse passioni.
Egli  odiava ogni forma di faciloneria e di improvvisazione e, fin dall'inizio della sua attività nel teatro di prosa, impose a se stesso e agli attori della propria compagnia un rigore interpretativo e una fedeltà al testo scritto che erano assolutamente sconosciuti nel teatro napoletano di allora. 




Viviani è presente in alcuni film ma l'unico che è possibile vedere oggi in DVD (ammesso che lo troviate)  è La Tavola Dei Poveri


Spesso Viviani scriveva di notte dopo lo spettacolo,  dirigeva le prove della compagnia durante le mattinate seguenti e  iniziava a recitare lui stesso nel pomeriggio per finire dopo la mezzanotte, ora in cui, insieme con l'impresario,  faceva i conti con l'amministratore e finalmente si concedeva due o tre ore di sonno. 




 Viviani, come anche  De Filippo, rappresentano consapevolmente, una rottura più che una continuità rispetto ad una tradizione relativa alla maschera di Pulcinella che essi, così come per tutto il teatro tradizionale,  considerano arcaica e di cui cercano, piuttosto, di capirne il significato e la funzione. 






La morte del padre lasciò la piccola famiglia in una situazione difficilissima.
Il piccolo Papiluccio, era il suo soprannomefattosi coraggio si mise in cerca di una scrittura. 

Fu ingaggiato da un impresario di giostre e numeri di circo, tale Don Ciccio Scritto e con lui interpretò il  Don Nicola nella Zeza  (questa esperienza fu ricordata in seguito in Circo Equestre Sgueglia una commedia del 1922). 
Successivamente, a carriera ormai già avanzata,  Viviani intende far conoscere ulteriormente Antonio Petito, interpretandone una commedia e indossando il camiciotto bianco di Pulcinella, recitando  al Teatro delle Palme a Napoli.
Nel 41 mise in scena Siamo tutti fratelli, una sua riduzione di un testo di A. Petito (So' muorto e m'hanno fatto turna' a nascere).

Viviani, pur rifacendosi a questa commedia di Petito la rielabora in maniera innovativa enfatizzandone alcuni tratti fondamentali del linguaggio Pulcinellesco tradizionale e - come osserva acutamente "Domenico Scafoglio - presenta un Pulcinella perduto in una sorta di angelismo rapito e sognante: costretto a muoversi in un mondo di opportunisti, passa agli occhi di tutti come lo sciocco di sempre, manovrabile a piacimento dai furbi disonesti, anche se, nell'interpretazione dell'autore, sembra rappresentare la radicale alternativa a questo mondo."

Viviani trasforma il distacco storico del buffone, il suo fare disimpegnato e canzonatorio che conosciamo in un esplicito atteggiamento di rifiuto morale e di fuga da un mondo che gli uomini plasmano sulla misura dei propri egoismi e delle proprie ipocrisie.




scena tratta da "siamo tutti fratelli" immagini ricolorizzate (originali di Giuliano Longone) prese dal blog http://italiacolorizzata.tumblr.com/ 


1933: L'ombra di Pulcinellain questa commedia, Viviani - come osserva Domenico Scafoglio - "mostra la decadenza triste e penosa di un vecchio interprete del Cetrulo, Vincenzo, che rappresenta emblematicamente la fine del teatro di Pulcinella, irreversibilmente destinato a ridursi alle dimensioni di teatro di fantocci per un pubblico infantile; questo destino è incarnato dal figlio di Vincenzo, che manifesta al padre l'impossibilità di dare al Cetrulo altri contenuti e significati che non fossero quelli del passato."


Viene riportato dagli osservatori dell'epoca che il Pulcinella di Viviani è quasi acrobatico e irruento. In questa foto lo vediamo accingersi al "cerchio della morte" circondato a teatro da principi e principesse.


in questa foto, estratta dall'interessantissima pagina a lui dedicata sul sito Totò truffa 2002 Viviani è con il critico del Secolo IX Enrico Bassano

Ecco un'estratto di un articolo di Ernico Bessano sull'interpretazione di Viviani e del suo Pulcinella:

"La sera del 10 ottobre, al teatro Margherita di Genova Raffaele Viviani con la sua compagnia, hai interpretato per la prima volta la maschera di Pulcinella. 

Che il Pulcinella di Raffaele Viviani si distacchi dal Pulcinella classica e tradizionale (quella del Fiorillo e del pentito, per intenderci) lo abbiamo capito subito fin dalle prime battute,meglio, dalla stessa entrata in campo della grande maschera. Del resto lo stesso Viviani, nel brevissimo prologo ghetto, sì è preoccupato chiedi di dirlo bonariamente al pubblico novecentesco: io non rifarò calligraficamente il Pulcinella dell'arte ma vi darò invece un Pulcinella Viviani, o, se più vi piace, un Viviani Pulcinella. 

E questo, si intende, non per ardore polemico o per una semplice vena di bellicismo teatrale, bensì per un avvicinare il più possibile la maschera vecchia di circa Quattro secoli allo smaliziato, e spesso disincantato pubblico d'oggi, così inquieto sempre così logorato da troppi tentativi e da troppe esperienze. 

La differenza del Pulcinella della tradizione quella di Viviani non è soltanto d’ordine e di gusto  estetici. Viviani non ha soltanto abbandonato parecchi modi esterni alla longeva maschera, tralasciando cioè gli accessi, Della purezza, dell'amore fraterno. 

E l'operato di Viviani, oltreché ardito, ci sembra degno della massima attenzione ed è più vivo elogio. Anche perché vogliamo dirlo subito, quest'opera di bonifica non ha affatto mutato i caratteri sostanziali della maschera, ed anzi ha reso a Pulcinella l’enorme servigio di potersi degnamente e profittevolmente presentare al pubblico dogi, Donnie ceto e di ogni mentalità. Ma per far rivivere Pulcinella ci voleva anche l'opera degna, ed ecco, a braccetto di Viviani attore, il fido Viviani autore, ombra di se stesso. 

Da una delle moltissime commedie di Antonio Petito (il grande Pulcinella de San Carlino partenopeo, vissuto nel primo ottocento è morto come si sa, sulla breccia del palcoscenico nel 1876,  quando la dama bianca del mare), da una commedia del Petito, dicevamo, attratto questo siamo tutti fratelli, operando anche lui sul copione non a gennaio di taglie trasfusioni e ripulendo il dialogo dalle inevitabili vecchiumeria. 

L'opera originale, varata sulla scena di San Carlino intorno al 1850, portava per titolo: S’o morto e m’hanno fato turno a nascere, ed appartiene al primo periodo dell'attività di scrittore teatrale del Petito. Era, in sostanza, una critica al teatro romantico, allo scientifico cinismo grossolano, alle ideologie letterarie dell'epoca. Viviani  autore ha fatto il canovaccio mantenendone in alterati I succhi teatrali (cioè tecnici), approfondendone il contenuto umano, definendo i caratteri di vari personaggi, alleggerendo il dialogo delle  inutili sovrastrutture verbose care agli antichi  pubblici. Con quest'opera restauratrice, la vicenda ci è parsa verdissima, tutta viva di un sano umorismo  popolaresco, tutta densa di sana e solida linfa vitale: un vero gioiello di giocondità e di scorrevolezza scenica. "



Scritto in collaborazione con il figlio Vittorio tra il 1944 e il 1947, I dieci comandamenti è uno degli ultimi lavori di Raffaele Viviani. 
Ormai gravemente malato, l'autore immagina uno spettacolo che sia, in qualche modo, summa della sua ricchissima esperienza teatrale e affresco della società che va emergendo dalla Napoli del secondo dopoguerra. 
Ancora una volta il primo riferimento di Viviani è il "varietà" che, per spregiudicatezza e verve umoristica, ritiene si presti meglio di ogni altra forma teatrale a raccontare la vita della sua "gente".
Pulcinella introduce i dieci quadri: in vividi scorci di quartieri napoletani si alternano episodi di aspra ironia ad altri di struggente poesia o di dolorosa constatazione di una nuova, imperante, povertà morale. 

Viviani utilizza Pulcinella nel suo prologo (Pulcinella entra a sipario chiuso) facendogli cantare questa bellissima canzone contro la guerra:


SI VIDE ALL'ANIMALE




Versione con Daniele SEPE





Si vide all'animale
ca stanno 'ncopp' 'a terra
ti pienze sempe a mmale,
tu vide sempe guerra!

'O cane, cu nu strillo,
vò muzzeca' o muscillo,
ca afferra 'o suricillo
pure 'a dint' 'o mastrillo!
Marame'! Siente, sie'!
Che battaglia, neh!

'A vorpa po' ca è ffina,
aunita cu 'a faina
s'arrobba a na gallina,
l'azzanna e s' 'a strascina!
Marame'! Siente, sie'!
Quant'arruobbe, neh!

'O lupo, preputente,
comme si fosse niente,
se mette sott' 'e diente
na pecora 'nnucente!
Marame'! Siente,sie'!
Chella more, mbe'!

(imita il belato della pecora)

Largo e tunno,
chisto è 'o munno:
pure ll'uommene, se sa,
s'hann'a massacra'!

Che ll'afferra
ca na guerra
ogne tanto s'ha dda fa'?
Forse pe' sfulla ?!

So' 'e putiente,
malamente,
ca cchiù 'a vorza hann'a 'ngrassa',
senz'ave' pietà!

'O prugresso?
More 'o fesso!
Jh che bella civiltà!
Che mudernità!

Neh, ma overo simmo fatte puorche crape pulicine,
ca ce accidono pe' niente, ca ce levano 'e stentine?
Nun servimmo p' 'e ccustate, p' 'e ssacicce, p' 'o ppresutto!
Nun cacciammo brodo e llatte, pe' nun dicere uno 'e tutto!
Ccà nuie simmo crestiane,e tenimmo 'o ccore 'mpietto!
E c'è cara 'a vita nosta,perciò merita rispetto!
E vedimmo, pe' stu fatto, 'e campa' cu 'a legge 'e Ddio!
'Nnanze a Dio nuie simmo eguale: nun ce stanno "tu" e "io"!
Ma però 'e Cummandamente se rispettano? Nun sempe!
E se sape.... 'O munno è tristo! Chisti ccà sò brutti tiempe!
E ma allora, 'o munno è tristo e nisciuno 'o pò cagna?
Mo nce vo', 'e Cumandamente nun se ponno rispetta?
Una è a guerra ca ce spetta; e purtroppo l'imm'a fà:
chella llà ca tutt' 'e juorne se cumbatte pe' campa'!






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